La scrittura di Maria Concetta Cataldo è un viaggio nell’intimità dell’animo umano, che si compie attraverso un’analisi attenta della quotidianità, della vita nella sua precarietà che nell’immensità del suo mistero, delle inquietudini, pulsioni, angosce, ma anche dei suoi valori più profondi e delle meravigliose sorprese essa sa riservare.
E’ la scrittura che si dipana da una penna colta, raffinata che evidenzia la formazione classica dell’autrice, la profonda cultura storica, filosofica e filologica, che solo può consentite una visione dell’esistenza oltre l’ apparenza e permettere di vedere, con gli occhi della mente e del cuore, ciò che ai più sfugge. Straordinaria la capacità di Maria Concetta di porsi a volte in posizione di spettatrice e narratrice dei fatti, come accaduti,altre volte di essere, come solo la sensibilità permette, compartecipe del dramma umano, nelle diverse sfaccettature delle situazioni narrate.E le vicende narrate, le tematiche affrontate nei suoi romanzi sono davvero varie ed eterogenee: dal femminicidio, all’immigrazione, dall’ipocrisia di certe relaziono umana all’amicizia; dalla passione ingannatrice all’amore come esperienza gioiosa a volte,altre volte dolorosa e ingannatrice.
Con grande eleganza e stile raffinato, ma sempre scorrevole che affascina a subito chi legge,Maria Concetta ha il dono di declinare i sentimenti umani in tutte le loro sfumature.In particolare l’amore è affrontato sotto ogni aspetto : dall’amore per l’arte, pere i luoghi, all’amore passionale a quello più turpe della perversione, ma con l’abilità di mediare sempre tra spirito e materia, tra natura e cultura, tra coscio e inconscio.
Nei due romanzi intensità di contenuti e virtuosismo stilistico si fondono perfettamente creando un mondo sovrabbondante di impressioni visive e uditive, in cui il lettore non può non immergersi. Gli studi giuridici, filosofici e teologici dell’autrice consentono inoltre un’ analisi critica delle vicende umane dove il vissuto, l’esperienza dell’uomo, con i suoi impulsi e le sue fragilità, diviene il tramite di rivelazione di quella dose di sacralità insita nella stessa coscienza umana. Come insito è il dubbio che diviene motore indispensabile per la ricerca della verità, quando la causalità delle vicende impone di capire, di andare in fondo alle stesse. Causalità degli eventi e desiderio di verità sono il filo conduttore dei due romanzi: “ Un volto dal tempo -Il ritorno di diamante – Angela”” Ultima fatica dell’autrice.
In “ Un volto dal tempo -Il ritorno di Diamante” il dipinto di una “ donna misteriosa” dipinto dell’artista Francesca Mele, colpisce l’autrice sin dal primo momento in cui lo vede in casa di un amico esperto d’arte, e rappresenta l’incipit dell’intero romanzo. La capacità di questo dipinto di “ emanare un sottile calore, una sorta di ribollire nascosto, un ardore pronto a divampare, dietro la superficie dei lineamenti di questa donna, che sembra vivere e respirare”,provoca nell’autrice un immediato turbamento, una volontà di indagare per scoprire di chi si tratti. “ Il fascino di quel volto – scrive la Cataldo – accese in me l’immediato desiderio di scrivere della donna del dipinto…la pittrice aveva reso immortale la sua immagine,io desideravo rendere duratura negli anni la sua vita, l’anima” Ed è la casualità a volere che a Cosenza, dove l’autrice si è recata per il funerale di un’amica, l’autrice si imbatta proprio nella foto della donna del dipinto. La foto si trova sulla lapide della cappella della famiglia Maglione, una ricca e potente famiglia del luogo, e ritrae Aurora Maglione che, si scoprirà in seguito, è orta a 26 anni di morte violenta e trovata uccisa in un bosco a poca distanza dalla villa di proprietà dei Maglione, in Calabria, dove la giovane soggiornava nel periodo estivo.
Da qui prende a snodarsi tutto un mondo psicologico di sentimenti dove,a ritmo incalzante, trovano spazio mille emozioni. A fare da cornice una realtà di luoghi e spazi percepita e descritta in modo puntuale, preciso, con dovizia di particolari e cognizione anche dei minimi dettagli che lascia trapelare a chiare lettere l’amore di Maria Concetta per la terra del sud, tratteggiando zone del meridione, della Calabria, in particolare Tropea, con profondità d’immagini tali da involgere il lettore quasi in quei luoghi esso venisse catapultato fino a diventarne parte.
Ed è all’immaginazione del lettore che è affidata la soluzione di diversi interrogativi lasciati volutamente in sospeso, tra le righe, le pagine, le percezioni, sia nel Primo romanzo ch nel secondo, dove trova spazio la narrazione della più alta forma d’amore: l’amore materno. Una maternità interpretata e narrata non solo come rapporto biologico e fisico, quanto come “ascolto di una voce segreta che arriva dal profondo”, per citare testualmente alcune righe del romanzo; intesa come amore fecondo che , anche senza concepire, si proietta sull’altro amando la Divinità che ogni essere umano incarna e amando come solo un genitore degno di essere tale deve fare, in modo disinteressato e non egoistico.
“Un figlio non ci appartiene, è una freccia che scoccherà in avanti, noi seguiamo solo il suo volo: siamo l’arco che ama il volo di quella freccia”, scrive Maria Concetta.
In un perpetuarsi di eventi, di situazioni che si incrociano, di ipotesi che diventano sempre più certezza, ma sempre rispettose della fantasia del lettore, si snoda “Angela”, il secondo romanzo dell’autrice il cui incipit è una lettera. Si tratta dell’ultimo, forse unico, atto d’amore di un personaggio del precedente romanzo : Rosario, governante di casa Maglione, che affida alla scrittrice l’impegno di incontrare Angela sua figlia, non voluta,la protagonista del romanzo. L’incontro tra le due donne è il fil rouge dell’intero romanzo che apre uno spaccato affascinante sull’universo femminile. Un universo analizzato magistralmente da Maria Concetta fino a coglierne gli aspetti più nascosti e profondi, mentre fa da cornice all’intera vicenda quello spirito di solidarietà e di comprensione che solo le donne sanno avere verso altre donne, tanto da giustificare e assolvere colpe; tanto da celare qualche verità là dove ciò è necessario per evitare inutili sofferenze e ridare trasparenza al torbido delle passioni e delle inquietudini dell’anima. Ed è così che tra le righe si fa strada, nel turbinio delle passioni, l’elemento che giustifica, che salvifica, nella sofferenza delle scelte o nelle difficoltà della vita, che non sempre e non per tutti è generosa e molto spesso toglie piuttosto che dare.
L’autrice, oltre alla impressionante capacità evocativa di luoghi e situazioni, riesce d analizzare ogni personaggio tanto a fondo da arrivare fino alle radici dell’anima e del cuore per mettere a fuoco punti di forza e di debolezza di ciascuno, le più segrete pulsioni, offrendo al lettore una possibilità di immedesimazione e di confronto con se stesso. Con le proprie passioni, i propri limiti, in una dimensione diacronica di eventi e stati d’animo, in cui la storicità dei fatti narrati si contestualizza e diviene realtà, vicina, a un passo dal lettore!
E questo accade nelle pagine del romanzo che toccano un altro tema di grande attualità: quello dell’emigrazione, affrontato con una lucidità ed una partecipazione tali da trasportare il lettore idealmente nei luoghi narrati: la Sicilia, Lampedusa, di fronte a quel “ campionario umano di dolore e rassegnazione” per citare testualmente un’espressione del Dott. Venini, altro personaggio del romanzo, nel suo invito fatto all’autrice di raggiungere l’isola, di toccare con mano la sofferenza. Nella consapevolezza che, chi decide di abbandonarla propria terra, le proprie radici, è spinto solo dalla necessità di salvarsi e, nell’inseguire un sogno,spesso perde la vita o comunque affronta viaggi disumani e sacrifici che restano incomprensibili, se non toccati davvero con mano e visti con i propri occhi.
E’ straordinario il modo in cui Maria Concetta analizza l’animo di ogni singolo personaggio del romanzo, interpretandone nel profondo la personalità con un approccio all’essenza dell’individuo che fa pensare al maestro del romanzo moderno,a Marcel Proust, all’acuta sottigliezza nella sua Recherce, nel trattare la psiche umana, usando come mezzo d’introspezione i sentimenti più intimi, più profondi, più nascosti della vita dell’uomo. Proustiana anche la delicatezza con cui l’autrice narra la dignità umana del sentire di ciascun personaggio, n un intrecciarsi affascinante di ragione, sentimento, fantasia, che incolla il lettore alle pagine e crea quell’ansia di giungere al finale mista al rammarico di terminare la lettura del romanzo.
In sintesi uno stile narrativo estremamente coinvolgente, quello di Maria Concetta,! Due romanzi da leggere assolutamente.Un impianto rizomatico dei due libri che permette di leggere ed interpretare l’uno anche senza l’altro, ma leggere entrambi per cogliere, con completezza emozionale, il senso della tremante umanità che si snoda tra le righe, delle forti tematiche che si declinano, con cui mettersi,ciascuno di noi, in confronto e discussione.
Maria Consiglia Mercuri